Buste paga: dal 2026 si potrà sapere lo stipendio medio dei colleghiBuste paga: dal 2026 si potrà sapere lo stipendio medio dei colleghiBuste paga: dal 2026 si potrà sapere lo stipendio medio dei colleghiBuste paga: dal 2026 si potrà sapere lo stipendio medio dei colleghi
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Buste paga: dal 2026 si potrà sapere lo stipendio medio dei colleghi

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Questo articolo affronta il tema della trasparenza salariale introdotta dalla nuova direttiva europea, che mira a rendere più equo e accessibile il mondo del lavoro, soprattutto in termini di retribuzione. Con questa normativa, che i Paesi membri dell’Unione dovranno recepire entro giugno 2026, anche in Italia cambieranno alcune regole fondamentali: ad esempio, i candidati che si presentano a un colloquio di lavoro avranno il diritto di conoscere già in fase di selezione la retribuzione prevista per quella posizione, o almeno la fascia retributiva. Questo dovrebbe permettere una scelta più consapevole e prevenire trattamenti discriminatori, in particolare nei confronti delle donne.

Un altro punto importante è che i datori di lavoro non potranno più chiedere ai candidati quale fosse lo stipendio percepito nelle esperienze precedenti, una pratica piuttosto diffusa che spesso contribuisce a perpetuare le disuguaglianze salariali. Una volta assunti, i lavoratori avranno poi la possibilità di chiedere dati retributivi relativi ai colleghi che svolgono le stesse mansioni o mansioni comparabili. Tuttavia, non si tratterà di informazioni individuali: non sarà possibile, cioè, sapere quanto guadagna esattamente il collega che siede alla scrivania accanto, ma si potranno conoscere medie retributive suddivise per genere e livello professionale.

Lo scopo della direttiva, infatti, è soprattutto quello di combattere il divario salariale tra uomini e donne, ancora molto presente in Europa. Fornendo strumenti concreti per rendere trasparenti le politiche retributive, si vuole responsabilizzare le aziende e creare un ambiente di lavoro più equo. In Italia, come negli altri Paesi Ue, il governo dovrà tradurre questi principi in una normativa nazionale entro il 7 giugno 2026, fissando così anche modalità e limiti pratici per la richiesta e la comunicazione dei dati retributivi. Il diritto alla privacy e alla riservatezza individuale resterà comunque tutelato: nessuno sarà obbligato a rendere pubblico il proprio stipendio, a meno che non lo voglia.

In sintesi, la direttiva europea non autorizza a “spiare” lo stipendio del singolo collega, ma introduce un importante passo avanti verso la trasparenza salariale, cercando di bilanciare il diritto all’informazione con quello alla riservatezza.

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